Fondazione Galileo Galilei
Macchina magneto-elettrica a gomitolo

Descrizione

Inventario I.F.T. 814, inv. Museo A. Pacinotti n.45. In questa macchina Antonio Pacinotti amplia le dimensioni di quella "macchinetta" che fu il prototipo delle macchine da Lui inventate. Su questo modello troviamo che l'avvolgimento del filo sul magnete ruotante è avvolto nella maniera che ricorda come vengono avvolti i gomitoli di cotone, da questo il nome dell'apparecchio.
L'inventore utilizza il metodo in quanto gli consente di recuperare spazio rispetto agli avvolgimenti a spirale normale. Quindi usare più filo sul magnete a vantaggio della efficienza della macchina. Il metodo di avvolgimento suddetto non si discosta molto da quello in uso oggi.

L'intervento di restauro

L'apparecchio è completo dei suoi elementi essenziali. Prima dell'intervento di restauro, si presentava abbondantemente coperto di polvere e untuosità diffuse sopra gran parte delle superfici sia metalliche sia di legno (immagine 1). Per queste ultime, che risultavano essere molto macchiate, graffiate e -almeno in passato- infestate dagli insetti xilofagi, le operazioni di restauro sono consistite in una ripulitura e in un trattamento con antitarlo liquido in ambiente sigillato.
I fori e le fessure sono stati otturati con stucco in pasta colorato. Ad un lato della tavola di base mancava un pezzo delle dimensioni di circa cm 2 x 25 per lo spessore del basamento che è stata ricostruita in legno di abete (immagine 2). Una volta uniformatone il colore, è stato applicato uno strato di turapori alla gommalacca, quindi è stata passata a cera tutta la superficie. La puleggia piccola di legno a tre gole era scheggiata su un bordo (immagine 3),che è stato ricostruito, e le fessure più evidenti sono state consolidate con resina epossidica trasparente (immagine 4). La ghiera di fermo filettata di ottone della manopola della puleggia grande di manovra, ora mancante, è stata ricostruita e montata (immagine 5).
All'interno della gola di questa puleggia, su quasi tutta la circonferenza, si vede uno strato di materiale colore grigio chiaro, che pensiamo possa essere di vernice o di un collante a base di resina sintetica, che sappiamo già in uso intorno al 1950. In tal caso il suddetto materiale sarebbe servito per aumentare l'attrito della corda di trasmissione, ed eseguire prove di efficienza della macchina in tempi più recenti. Sulla puleggia piccola troviamo tracce in quantità minore dello stesso materiale. La corda in cotone per la trasmissione del movimento fra le pulegge, è stata ripulita dal grassume immergendola in etilene tricloro. Sono stati rimossi con diluente alla nitrocellulosa e paglietta di acciaio, i residui dello strato di vernice, o collante grigio chiaro, presente all'interno delle gole della puleggia grande e di quella piccola.
Le superfici metalliche sono coperte dai vari tipi di ossido, si notano sopra alcuni particolari di ottone dei residui di vernice a gommalacca. Uno dei fili conduttori di rame è dissaldato dalla relativa piastra porta-spazzola o "setolino" come chiamata dall'inventore (immagine 6). Si notano alcune vecchie riparazioni dei fili di rame che costituiscono i collegamenti elettrici; su alcuni di questi fili vi sono residui molto fragili di quello che era l'isolamento. Questi residui, che troviamo sbriciolati sul basamento, hanno l'aspetto cristallino e odorano di pece greca.
I due grandi avvolgimenti orizzontali del magnete fisso sono ricoperti completamente con ceralacca rossa che si presentava molto scura e impolverata. La struttura di legno che contiene il magnete ruotante con relativi contatti e commutatore riporta sulla tavoletta di base una frattura lunga circa cm. 10, con origine da una delle viti di collegamento alla base principale.
Sono state smontate tutte quelle parti della macchina che lo consentivano in modo agevole, al fine di favorire le operazioni di restauro. I particolari di ferro ossidati sono stati trattati a mano con spazzola di acciaio, successivamente passati in una soluzione di acido pirogallico e sodio carbonato quindi protette con soluzione acrilica alcune e con olio specifico altre. Le superfici dei particolari di ottone sono stati puliti dagli ossidi con EDTA tetrasodico e protetti con cera microcristallina. E' stata usata colla epossidica per riparare la frattura di cm 10, che si trova sulla tavoletta di base della struttura porta magnete ruotante. La pulizia della ceralacca che ricopre il magnete fisso è stata fatta inizialmente con spazzola a setole dure quindi passata tutta la superficie con gommapane, ed infine usando un panno appena inumidito di alcol etilico diluito. Si è badato a rendere meglio protetta la ceralacca dal riaffiorare della polvere, applicandovi cera microcristallina incolore (immagine 7).
I tratti residui di ciò che era l'isolamento dei fili conduttori sono stati trattati con soluzione acrilica quale consolidante. Tutti i fili del circuito elettrico sono stati raddrizzati il meglio possibile, ridisposti nelle posizioni originali.
E' stata fatta una prova di funzionalità dell'apparecchio girando lentamente la puleggia di manovra. Si è potuto rivelare una bassa produzione di corrente elettrica ai reofori con polarità definite. Non conoscendo lo stato di conservazione degli avvolgimenti elettrici della macchina e rilevando dalla bibliografia scritta dallo stesso inventore dove egli dichiara di avere sottoposto a numerose prove d'efficienza e di carico la macchina, ci limitiamo nel sollecitare ulteriormente l'apparato e riteniamo soddisfacente la prova effettuata (immagine 8).

La macchina prima del restauro
immagine 1
immagine 2
immagine 3
immagine 4
immagine 5
immagine 6
immagine 7
immagine 8
Fondazione Galileo Galilei / Museo degli Strumenti per Il Calcolo