Fondazione Galileo Galilei

Il Compasso geometrico e militare di Galileo: Note

 

1.  Non esistendo pericolo di confusione, i titoli delle opere contenute in questa pubblicazione saranno sempre abbreviati nella maniera seguente: Compasso, Annotazioni, Usus et fabrica circini e Difesa. Per il testo critico, tranne che per le Annotazioni che non vi furono riprodotte, si veda il secondo volume dell'Edizione Nazionale, Le opere di Galileo Galilei, Barbera, Firenze 1968, che d'ora in avanti sarà indicata con l'abbreviazione G.G.

 

2.  «delle quali ne furon trovate 440 appresso il libraio, e 13 in casa dell'autore, avendone esso per diverse parti di Europa distribuite già 30 [...] le quali copie sparse, poi che già averanno diffusa pel mondo l'ignominia impostami, hanno messo me in necessità di [...] publicare la presente scrittura» . Difesa, 162; G.G. II, 561. [Le opere da cui sono tratte le citazioni sono indicate sempre con il titolo abbreviato seguito dal numero della pagina. L'eventuale numero romano indica il volume].

 

3.  G.G.X, 296. Giovan Battista Manso il 18 marzo 1610: « ha voluto Iddio [...] riserbarlo etiandio, con nuovo e non più inteso modo, allo scovrimento de' nuovi cieli e [...] l'ha condotto per nuove vie non più calcate da intelletto humano, quasi novello Colombo» .
Importante quanto gli scrive il grande Giovanni Kepler il 19 aprile: « Scio quantum intersit inter rationales coniecturas, et ocularem experientiam; inter Ptolomei disputationem de Antipodibus, et Columbi detectionem novi orbis» G.G. X, 324. Orazio del Monte il 16 giugno: « V.S.Ecc.ma potrà con molta raggione gareggiar di gloria con il Colombo» .

 

4.  Sidereus Nuncius, G.G. III, parte I, 60.

 

5.  Questo passo è all'inizio del Saggiatore. Galileo è qui in procinto di accusare Simon Mayr di aver tentato di rubargli la priorità nella scoperta dei satelliti di Giove. Questa rivendicazione era stata presentata nel Mundus Jovialis anno 1609 detectus ope perspicilli belgici. Hoc est quatuor jovialium planetarum cum theoria, tum tabulae propriis observationibus maxime fundatae, che il Mayr aveva pubblicato solo nel 1614. Per secoli il Mayr fu ritenuto un plagiario, ma in seguito a studi più approfonditi adesso viene ritenuto uno scopritore indipendente. Per la parte eventualmente avuta nel Compasso, sarà molto difficile arrivare alla verità , perché le affermazioni di Galileo sembrano fondate solo su sospetti.

 

6.  Il Compasso fu stampato in casa. Il tipografo ebbe 85 lire e l'intagliatore delle figure lire 16,5. G.G. XIX, 167.

 

2.  Il trattato non conteneva la descrizione dello strumento e tanto meno la spiegazione di come fabbricarlo e occorreva avere il compasso in mano per seguire le istruzioni: ecco perché sarebbe risultato del tutto inutile far stampare un maggior numero di copie.

 

8.  G.G.X, 171-172.

 

9.  In realtà , sbagliando il nome e soprattutto la patria, Galileo lo indica come Giovanni Eutel Zieckmeser e come fiammingo. Difesa,152-153; G.G. II, 545-546.

 

10.  Per l'Hasdale vedere le sue lettere in G.G. X, 366, 370, 417, 492

 

11.  G.G.X, 370.

 

12.  Per la sottoscrizione di Pompeo Panico della dichiarazione del Cornaro, vedi: Difesa, 152-153; G.G. II, 546.

 

13.  Difesa, 163-164; G.G. II, 562.

 

14.  Le scritture dello Zugmesser furono depositate nella Cancelleria Pretoria di Padova: « onde in confirmatione della verità , a notizia e requisizione di ciascheduno restano riservati gli originali presso l'ordinario Notaro Coajutore dell'istessa Cancelleria nostra» . Difesa,187; G.G. II, 600. Furono fatte ricercare dal Favaro, ma non sono state finora localizzate. Sappiamo però , sempre da Galileo, che gli scritti lasciati a Padova, oltre ad alcune istruzioni più o meno equivalenti alle sue, avevano poche cose in più , cioè la tavola dei lati dei poligoni regolari e l'uso del quadrante: egli insegnava, per esempio, a trovare i gradi di un arco proposto e gli angoli dei triangoli; per far questo aveva riportato una tavola di seni. Anche Galileo aveva inciso nello strumento le divisioni del quadrante astronomico, ma trattandosi di una banale aggiunta che permetteva al compasso di essere usato come quadrante, osservò che « l'uso del quale, essendo stato trattato da altri, non sarà qui dichiarato altrimenti» . Compasso, 25; G.G. II,

 

15.  Difesa,153; G.G. II, 547.

 

16.  G.G. X, 174. Dell'uso errato che il Capra fa dei libri del Magini parla Galileo alla fine della sua Difesa,184-187; G.G. II, 595-597.

 

17.  Difesa, 184; G.G. II, 594.

 

18.  Giovanni Camillo Gloriosi scrisse a Giovanni Terrenzio il 29 maggio 1610: « Quo in crimine Galilaeus suspectus est, cum auctorem quoque se faciat instrumenti quod Circinum Militare et Geometricum appellavit, Magnoque Hetruriae Principi dedicavit; vetus quippe adinventum, et ab omnibus una voce Michaeli Coigneto Antuerpiensi, ut primo inventori, attributum » . Il Gloriosi si mostra in questa lettera avverso a Galileo e e animato da sentimenti di invidia.

 

19.  G.B. Venturi, Memorie e lettere inedite finora o disperse di Galileo Galilei ordinate e illustrate con annotazioni [...], Vincenzi, Modena 1818-1821, parte I, 77-80.

 

20.  L'attribuzione del compasso a Guidobaldo è avanzata con molti particolari nel libro di Muzio Oddi di Urbino, Fabrica et uso del Compasso Polimetro, pubblicato nel 1633, dopo la condanna di Galileo. L'Oddi si incontrò e fu in rapporto epistolare con Giovannantonio Magini, di cui aveva alta stima. Considerando i noti sentimenti di invidia che il Magini nutrì verso Galileo, è probabile che, come accadde ad altri corrispondenti del Magini, anche l'Oddi rimase contagiato della sua ostilità . Per questo non si può accettare senza riserve l'attribuzione del compasso a Guidobaldo, che ad ogni modo risale a molto prima della pubblicazione del libro: infatti fin da settembre del 1622 l'Oddi aveva scritto a Piermatteo Giordani: « Io poi sono poco manco che necessitato stampar due opuscolini uno dell'istrumento quadro [pubblicato nel 1625 col titolo Dello Squadro] et l'altro del compasso polimetrico, del quale si è fatto autore Galileo, Coignet, il Capra et altri et io dimostro come'è stato la felice memoria del Sig. Guidobaldo» . G.G. XIII, 97.

 

21.  A.Favaro, Per la storia del compasso di proporzione, in Atti del R.Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, tomo LXVII, 1907, parte II, 724.

 

22.  Alessandro Sertini a Galileo il 16 aprile 1605: « qua sono stati veduti alcuni strumenti geometrici inventati da V.S., uno in mano al Sig. Orazio dal Monte» . G.G. X, 143. Orazio forse ebbe il compasso nel 1597, quando, andato a Padova per completare la istruzione (soprattutto militare), era stato affidato alle cure di Galileo dal padre, che così gli scriveva: « io l'ho introdotto un poco nelle mathematiche, et desidero che V.S. l'esorti a voler attenderci, [...]: e gli ho detto, che come trova qualche difficoltà , se ne venghi da V.S., chè so che per amor mio lo favorirà di esser qualche volta maestro, che ogn'un di noi lo riceveremo per favore» . G.G. X, 71-72.

 

23.  G.G. X, 166-167.

 

24.  G.G. X, 371-372.

 

25.  A.Favaro, Galileo Galilei e lo Studio di Padova, Le Monnier, Firenze 1883, vol. I, 166.

 

26.  G.G. X, 171.

 

27.  M.C.Cantù , M. L.Righini Borelli, Gli strumenti Antichi al Museo di Storia della Scienza di Firenze, Arnaud, Firenze 1980; e M. Miniati (a cura di), L'età di Galileo. Il secolo d'oro della Scienza in Toscana, Istituto e Museo di Storia della Scienza, Firenze 1988.

 

28.  Girolamo Mercuriale da Pisa, il 29 maggio 1601 a Galileo a Padova. G.G. X, 83-84.

 

29.  G.G. II, 31.

 

30.  Può interessare sapere che « nel quinto & ultimo [libro] si insegnano le Scienze Meccaniche, che con l'ordine di fabricare diverse machine & strumenti, si per alzar con poca forza grandissimi pesi, come per esseguire con facilissimo modo, tutti quei servitij che sono più necessari, in tempo di pace, & di guerra» . In questo libro troviamo citato solo Guidobaldo del Monte. Il Lorini, che aveva passato alcuni anni in Fiandra forse ha conosciuto le opere matematiche dello Stevin, (che trattano anche di fortificazione) perché riporta nel suo libro la discussione di un problema di Aristotele in una maniera molto vicino alla trattazione datagli dallo Stevin.
È interessante richiamare l'attenzione sul Lorini per alcuni punti di contatto, anche biografici, con Galileo. Ne Le mecaniche scritte prima del 1599 Galileo se la prende con i "mecanici" perché credono di « potere con poca forza muovere ed alzare grandissimi pesi, ingannando, in un certo modo, con le loro machine la natura; instinto della quale, anzi fermissima constituzione, è che niuna resistenza possa essere superata da forza, che di quella non sia più potente» . Qui sembra proprio che Galileo faccia riferimento al Lorini. Poco più avanti scrive: « Queste, dunque, sono le utilità che dai mecanici instrumenti si caveranno, e non quelle che, con inganno di tanti principi e con loro vergogna, si vanno sognando i poco intendenti ingegneri, mentre si vogliono applicare a imprese impossibili». Parlando della leva, rincara la dose: « la utilità che si trae da tale strumento, non è quella che i volgari mecanici si persuadono, ciò è che si venga a superare, ed in un certo modo ingannare, la natura, vincendo con piccola forza una resistenza grandissima» . E parlando dell'argano: « l'utilità che da queste machine si trae non esser quella che comunemente ingannandosi, crede il volgo dei mecanici, ciò è che, defraudando la natura, si possa con machine superare la sua resistenza, ancorchè grande, con piccola forza » . G.G. II, 155, 156, 157, 158, 166. 170.

 

31.  Facendo dialogare l'Autore con un Amico fiorentino.

 

32.  È stato parzialmente riprodotto in: Stilmann Drake, Galileo's Notes on Motion, supplemento agli Annali dell'Istituto e Museo di Storia della Scienza, 1979.

 

33.  Per esempio, nella carta 187r si trova 317x75=24675 e l'errore venne fatto al momento di sommare i due prodotti parziali, dimenticando di aggiungere il riporto di una unità . Nel foglio 154r c'è un altro errore: 17689x16=282624. Nel foglio 189v troviamo 48143x4=192472. Nel foglio 114r vi è un altro errore dello stesso genere dei precedenti: 69x69=4661.

 

34.  Questo numero 254 ci dà l'occasione di proporre una maniera di dividere in parti uguali la linea, per costruire la linea aritmetica, che differisce da quella proposta dal Bernegger. Nell'edizione del Compasso stampata a Padova da Paolo Frambotto nel 1640, che fu la prima dopo quella del 1606, vi è una tavola con una figura del compasso, che poi fu copiata da tutti gli editori successivi. In questa incisione, le due linee aritmetiche appaiono divise in 254 parti. La spiegazione è forse questa: 256 è l'ottava potenza di 2, e quindi si ottiene una divisione precisa dividendo otto volte di seguito in due parti uguali i segmenti successivamente ottenuti. Gli ultimi due punti possono essere stati cancellati dalle due linee di riquadro. Si veda la figura del compasso, riprodotta nella nostra edizione.

 

35.  P.Casati, Fabrica, et uso del compasso di proportione, dove insegna à gli artifici il modo di fare in esso le necessarie divisioni, e con varj problemi usuali mostra l'utilità di questo stromento, del molto rev. Paolo Casati, dando le ragioni, & apportando le dimostrazioni di tutte le operazioni nella fabrica, e nell'uso, Ferroni, Bologna 1664.

 

36.  F.M. Gaudio, Institutiones mathematicae ad usum Scholarum Piarum, Puccinelli, Roma 1772-1779, vol.II, 77-78.

 

37.  P.Petit, L'usage ou le moyen de pratiquer par une regle toutes les operations du compas de proportion. Avec une ample construction du l'une & de l'autre augmentée des tables de la pesanteur & grandeur des metaux & de tous les poids d'Europe, d'Afrique & Asie, à la mesure & au poids de Paris. Comme aussi la construction & l'usage du Talftoc ou Calibre d'Artillerie. Par P.P.B. A Paris chez Melchior Mondiere MDCXXXIIII.

 

38.  Didier o Denis Henrion, pseudonimo di Clement Cyriaque de Mangin, è autore dell'opera, di cui Petit riporta il passo ove è ripetuto l'errore di Galileo nella determinazione delle dimensioni nel caso di leghe. Il titolo dell'opera è L'usage du compas de proportion; le due prime edizioni furono stampate a Parigi nel 1618 e nel 1624.

  

39.  L'Henrion è noto come traduttore in francese di testi matematici latini, che qualche volta imbelliva con aggiunte. Nell'introduzione all'edizione del 1624 del suo libro sul compasso l'Henrion afferma: « avendo visto diciassette o diciotto anni fa tra le mani del Signor [Jacques] Alleaume, Ingegnere del Re, un piccolo compasso di proporzioni a punte, sul quale vi erano solamente due divisioni, consumai qualche tempo a ricercarne la costruzione e l'uso; ma avendo riconosciuto che le punte non erano necessarie, anzi che erano di impedimento in molte operazioni, io feci togliere quelle punte, e oltre a quelle linee io ne feci segnare sul compasso altre otto [...] ma solamente ad alcuni; sugli altri vi facevo mettere solo le quattro principali, cioè la linea delle parti uguali, quella delle corde, la linea dei piani e quella dei solidi; e dopo aver insegnato l'uso di questo compasso per quattro o cinque anni, io ho messo alla luce il primo volume delle mie Memorie Matematiche, nel quale trattavo di quest'uso, in maniera assai ristretta, cioè senza dir nulla della costruzione di questo compasso» . Nel 1613 aveva pubblicato le Memoire mathé matiques recueillis et dressez en faveur de la noblesse franç oise. Benché vi siano molte aggiunte nel suo libro sul compasso, è ben visibile, come riconosce giustamente Pierre Petit, la traccia del plagio fatto all'edizione latina del Berneggerio.

 

40.  Un altro che sa fare correttamente il calcolo, ma che lo fa in una maniera complicatissima è Mutio Oddi nel suo Fabrica et uso del compasso polimetro. Infatti prima risolve il problema XIV: « date due palle A e B, trovare il diametro d'una che sia uguale ad ambedue loro» ; e poi il problema XVIII: « se si avesse a fabricare una palla di bronzo pesa sessantadoi libre, la mistura della quale fosse a ragione di ventiquattro per cento, sapere rinvenire la grandezza del suo diametro» .

 

41.  G.B.Venturi, Memorie e lettere inedite finora o disperse di Galileo Galilei ordinate e illustrate con annotazioni [...], Vincenzi, Modena 1818-1821, parte I, pagg.77-80.

 

42.  Ferdinando I, che nel 1589 aveva sposato Cristina di Lorena. Alla sua morte, avvenuta il 3 febbrtaio 1609, divenne granduca il figlio Cosimo.

 

43.  «però quando io dovessi ripatriarmi, desidererei che la prima intenzione di S.A.S. fusse di darmi ozio et comodità di poter tirare a fine le mie opere, senza occuparmi di leggere» . G.G. X, 350.

 

44.  Lettera indirizzata a Galileo in Padova, il 10 luglio 1610. G.G. X, 400.

 

45.  Galileo,trenta anni dopo, disse: a Padova « consumai li diciotto anni migliori di tutta la mia età » . G.G. XVIII, 209.

 

46.  Il 2 luglio 1591.

 

47.  A.Favaro, Galileo Galilei e lo Studio di Padova, Le Monnier, Firenze 1883, vol. I, 36-50. Assai importante il suo articolo: Sulla veridicità del " Racconto Istorico della Vita di Galileo" dettato da Vincenzio Viviani, in Archivio Storico Italiano, 1915, 323-380.

 

48.  G.G.,XIX, 39, 41 e 43.

 

49.  Nella cronaca di Giuliano de' Ricci redatta nel 1571 si legge: « il piastrone o ducato d'argento che comunemente si chiama anco nelle scritture maxime fiorino, vale lire 7» . La citazione è tratta da: C. M. Cipolla, La moneta a Firenze nel cinquecento, Il Mulino, Bologna 1987, 131.

 

50.  «D.Galileo Galilei, condotto alla lettura delle Mathematiche a' 26 settembre 1592, con stipendio di fiorini 180 .....L. 900» . G.G., XIX, 124.

 

51.  In tutto il periodo considerato la lira veneziana ebbe il valore di 4,31 grammi d'argento puro mentre la lira fiorentina fu valutata grammi 4,46, con una differenza quindi del 3%. Le monete d'oro e d'argento battute negli stati italiani ebbero peso e il titolo strettamente allineati tra di loro e quindi ebbero corso ufficiale equivalente onde impedire che le monete con più intrinseco fossero fuse e l'oro portato in altri stati.

 

52.  G.G. XIX, 606 e 638. Niccolò Gherardini fa il nome di Giovanni de' Medici, figlio naturale di Cosimo I, e racconta che la differenza con quel personaggio nacque quando si trattò di mettere in opera alcune macchine « per una certa fabbrica, non so già se di fortificazzione o d'altro edifizio» . Narra quindi che « la contradizione non fu grata al S.r D.Giovanni, il quale con parole di molto sdegno ne mostrò risentimento: di che si intimorì il S.r Galileo di maniera che stimò bene non molto tempo dopo domandar licenza da quella condotta» .

 

53.  Per le lettere di Guidobald, si veda: G.G. X, 42, 45 e 47.

 

54.  Se la sua famiglia avesse avuto prestigio e collegamenti influenti, e risorse economiche, non si sarebbe ingolfato Galileo nelle strane vicende di Giovanbattista Ricasoli, per le quali fu poi coinvolto come testimone nei due processi intentati per l'annullamento del testamento, quando alla sua morte si volle provare che il Ricasoli non era sano di mente. Nelle carte del processo il suo nome purtroppo appare spesso associato a termini ingiuriosi. Vi sono in margine ai documenti postille con contumelie contro vari testimoni e Galileo non è risparmiato: frate sfratato; tristaccio; discortese; perché t'hanno promesso fior. 150 per la sorella; figliuolo di un maestro di sonare liuto; povero et sfratato ecc. G.G. XIX, 45-46.

 

55.  Il Moletti ebbe la Lettura di Padova l'anno 1577 con stipendio di 200 fiorini, e ne fu ricondotto nel 1584 con 300 fiorini annui. Il successore di Galileo, Giovanni Camillo Gloriosi, ebbe all'inizio 350 fiorini. Cesare Cremonini, che insegnava filosofia ordinaria ebbe una sequenza impressionante di aumenti: fiorini 400 nel 1599, 600 nel 1601, 1000 nel 1608, 1400 nel 1616, 1800 nel 1623, infine 2000 nel 1629.

 

56.  G.G.X, 48.

 

57.  «Pasquale Cicogna, reduce dalle sue funzioni di Podestà a Padova, nella sua relazione letta al Senato nel maggio 1577 narra che « gli studenti in causa della pestilenza del 1576 erano ridotti a diciotto ed anche meno» . A. Favaro, Amici e Corrispondenti di Galileo Galilei. XL. Giuseppe Moletti, in. Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 1918, tomo LXXVII, parte II, 61.

 

58.  Giovanfranceso Sagredo scrivendogli il 1o settembre 1599 intorno ai suoi tentativi per un congruo aumento di stipendio in occasione della sua ricondotta, che come al solito tardava, ricordava a Galileo che era opinione dei Riformatori dello studio « che il viver della catedra solamente era quasi impossibile, e che delle lettioni private bisognava farsi pagare» . G.G. X, 77.

 

59.  Mercuriale gli scriveva da Pisa il 3 marzo 1593. G.G. X, 54-55.

 

60.  È Galileo stesso che fa conoscere la sua grande insoddisfazione, basta leggere quanto scrive qualche anno più tardi, nel febbraio del 1609, al S. Vesp. (forse un Vespucci?) :
« Come avendo travagliato venti anni, ed i migliori di mia età , in dispensare, come si dice, a minuto alle richieste d'ognuno quel poco di talento, che da Dio e dalle mie fatiche mi è stato conceduto nella mia professione; mio pensiero veramente sarebbe conseguire tanto di ozio e di quiete, che io potessi condurre a fine, prima che la vita, tre opere grandi che ho alle mani per poterle pubblicare ...» .
Più avanti, sempre in questa lettera: « Il mio stipendio pubblico è fiorini 520, li quali tra non molti mesi, facendo la mia ricondotta, son sicuro che si convertiranno in tanti scudi; e questi gli posso largamente avanzare, ricevendo grande ajuto per il mantenimento della casa dal tenere scolari, e dal guadagno delle lezioni private, il quale è quanto voglio io. Dico così perché più presto sfuggo il leggerne molte, che io le cerchi, desiderando infinitamente più il tempo libero che l'oro; perché somma d'oro tale, che mi possa render cospicuo tra gli altri, so che molto più difficilmente potrei acquistare, che qualche splendore da' miei studi » . G.G. X, 231-234

 

61.  Nella lettera citata alla nota precedente.

 

62.  Giovanfrancesco Sagredo scriveva a Galileo il 12 aprile 1604: « dal Sig.r Veniero e da me si sono fatti l'offitii efficacissimi per la ricondotta di V.S.Ecc.ma e per l'augumento dessiderato da lei; ma in fatti la strettezza che dicono havere de' danari, e la poca voglia che hanno di espedire questo negotio sotto il loro magistrato, si toglie la speranza di poter concludere nella maniera desiderata da lei e procurata da noi» . G.G. X,105.

 

63.  G.G. X, 106-107

 

64.  G.G. XIX, 155. Galileo, annotando il dono, lo valutò 900 lire, pari all'incirca a 130 scudi.

 

65.  G.G.X, 109.

 

66.  A. Favaro, Galileo e lo Studio di Padova, Le Monnier, Firenze 1883, vol. II, 99.

 

67.  Nell'ottobre del 1605 il residente di Toscana a Venezia, per ordine di Ferdinando I, aveva raccomandato gli interessi di Galileo al Procuratore Leonardo Donato e all'altro Riformatore dello Studio di Padova, Girolamo Capello.

 

68.  Cosimo de' Medici.

 

69.  Girolamo Mercuriale, da Pisa, il 29 maggio 1601 a Galileo a Padova. G.G. X, 83-84.

 

70.  Lettera già citata alla nota 58. G.G. X, 233.

 

71.  Lettera del 7 maggio 1610 scritta da Padova a Belisario Vinta, segretario del Granduca. G.G. X, 348-353.

 

72.  G.G.X, 144. Lettera del 4 giugno 1605. Vincenzio Giugni era all'epoca guardaroba maggiore di Ferdinando I. Ricordiamo che la granduchessa è Cristina di Lorena.

 

73.  G.G.X, 146.

 

74.  G.G.X, 151. 5 dicembre 1605.

 

75.  Asdrubale Barbolani da Montalto, residente per il granduca a Venezia, il 12 agosto 1606 scrisse a Belisario Vinta: « Il S.re Galileo Galilei è stato spedito conforme al suo gusto molto favorevolmente circa la sua ricondotta; et tanto più è stata segnalata la gratia, quanto si è effettuata in Collegio et Pregadi, in mezzo a tanti affari, per opera del Sre Girolamo Capello, che, sentendo il desiderio che si havea costì del Galileo dal S.r Principe nostro, ha superato ogni difficultà » . G.G. X, 160-161.

 

76.  G.G.X, 148. 5 novembre 1605.

 

77.  G.G.X, 214. 11 giugno 1608.

 

78.  Nella lettera al Vinta citata alla nota 17 Galileo menziona alcune sue opere già pronte: « Ho anco diversi opuscoli di soggetti naturali come De sono et voce, De visu et coloribus, De maris estu, De compositione continui, De animalium motibus et altri ancora » .

 

79.  I manoscritti di queste opere non sono autografi. La Breve istruzione all'architettura militare, a parere di Antonio Favaro, è un sunto delle pubbliche lezioni tenute da Galileo durante il primo anno di insegnamento a Padova (1592-1593), mentre il Trattato di Fortificazione riproduce una redazione probabilmente stesa dal lui stesso per il suo insegnamento privato. Galileo aveva l'abitudine di far copiare da un amanuense il testo delle sue lezioni per gli studenti che aveva presso di se, quasi a convitto. Ad essi oltre alle fortificazioni insegnava anche l'uso del Compasso geometrico e militare, Euclide, le meccaniche, la cosmografia, la geodesia, l'aritmetica e la sfera. Vedere in proposito: G.G. II, 9. Le mecaniche avrebbero visto la luce solo nel 1634, nella traduzione assai rimaneggiata di Marin Mersenne: Le Mechaniques de Galilé e Mathematicien et Ingenieur du Duc de Florence.

 

80.  Citiamo solo come esempio: Delle Fortificazioni delle città di Girolamo Maggi e del Capitano Iacomo Castriotto, Venezia 1583, e Le fortificazioni di Buonaiuto Lorini, nobile fiorentino, Venezia 1597 e poi anche 1609.

 

81.  G.G.XIX, 116-117.

 

82.  G.G.X, 369.

 

83.  Il Sagredo gli scrisse nel dicembre 1612: « si è sparsa fama che V.Ecc.ma, provando costì l'aria et alcun'altra cosa contraria, si ridurrebbe si nuovo in Padova [...]: ma certo che sì come io trovo compagni in lodarla e stimarla, così in questo particolare della sua ricondotta non è possibile credere il disgusto che gli huomini dimostrano per la sua partenza, et molto più ancora per la maniera che viene detto essere stata tenuta nel partirsi» . G.G. XI, 447.

 

84.  Per molte notizie in merito si può consultare l'importante capitolo Galileo, Sarpi e la società veneziana, in G. Cozzi, Paolo Sarpi tra Venezia e l'Europa, Einaudi, Torino 1979.




* tratto da
" IL COMPASSO GEOMETRICO E MILITARE DI GALILEO GALILEI "
Testi, annotazioni e disputa negli scritti di G. Galilei, M. Bernegger e B. Capra
a cura di Roberto Vergara Caffarelli,  Pisa, 1992.

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