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Tubo sonoro a una fiamma manometrica di König

Tratto da Roberto Vergara Caffarelli, STRUMENTI SCIENTIFICI TRA XVIII E XIX SECOLO NEL DIPARTIMENTO DI FISICA DELL' UNIVERSITA' DI PISA, in:
C.A. Segnini e R. Vergara Caffarelli, ANTICHI STRUMENTI SCIENTIFICI A PISA (SEC. XVII - XX), pp. 153 - 155, Pisa, 1989.


Descrizione
Con la fiamma di una capsula manometrica di König si può verificare l’esistenza di un nodo al centro del tubo sonoro, quando viene prodotto il suono fondamentale. Quando invece al tubo si fanno rendere gli armonici superiori della nota fondamentale, si verifica che al centro si alternano ventri e nodi. Possono essere studiate proprietà analoghe per i ventri e per i nodi nel caso in cui si chiuda l’estremità del tubo.

Illustrazione Il tubo sonoro consiste in un tubo prismatico di legno, molto lungo rispetto a un lato della sua sezione trasversale. La parte che riceve l’aria, chiamata piede, è un tubo che viene fissato a una soffieria o a un mantice. All’interno del tubo, a qualche centimetro dal piede, una divisione trasversale chiude il tubo quasi completamente, formando la scatola d’aria. Questa occlusione all’interno è smussata obliquamente in maniera da dirigere l’aria soffiata verso una stretta fessura, detta luce.
Attraverso questo spiraglio l’aria penetra nella restante parte del tubo. Sulla parete del tubo di contro alla luce, a pochi millimetri di distanza, c’è una apertura, la bocca, con un margine, il labbro superiore, che è tagliato obliquamente verso l’interno.
Si è ipotizzato che la corrente d’aria, urtando contro il labbro superiore, produca una multitudine di suoni tra i quali il tubo rinforza quelli che esso stesso è capace di produrre. Secondo un’altra ipotesi si può supporre che l’aria contenuta nel tubo reagisca sulla corrente d’aria che fuoriesce dalla fenditura, imprimendole un movimento periodico sincrono con il proprio, cosicché alla fine sia l’aria del tubo che l’aria che fuoriesce dalla fenditura assumono un movimento di vibrazione concordante.

Studi più recenti sui "suoni di taglio" hanno messo in evidenza l’esistenza di una serie di vortici che si producono in successioni regolari nelle vicinanze del labbro e che provocano l’emissione di una nota musicale. Se il suono emesso dal labbro è tale da risuonare con una delle vibrazioni libere della colonna d’aria del tubo, questa riceverà una certa energia e prontamente darà un suono; se i periodi di vibrazione differiscono molto tra loro, l’energia si accumulerà lentamente e il tubo farà udire il suono dopo qualche tempo. I suoni di taglio e le vibrazioni della colonna d'aria costituiscono un sistema di oscillatori accoppiati, nel quale ciascuno dei due elementi componenti non può effettuare le proprie vibrazioni libere senza che l’altro intervenga, ma in questo caso uno dei componenti ha massa molto maggiore dell’altro e impone le proprie vibrazioni a quello di massa minore. L’energia che anima le vibrazioni della colonna d’aria è assai maggiore di quella coinvolta nel suono di taglio, e determina sostanzialmente la frequenza, anche se i suoni di taglio hanno qualche influenza sulla nota finale; infatti se si soffia con maggiore intensità, la nota diventa più acuta.

La frequenza non varia solo con la velocità della corrente d’aria, ma dipende dalla distanza del labbro dalla luce: se la distanza è minore la frequenza è maggiore. Perché il suono sia puro vi è un certo rapporto tra le dimensioni delle labbra, l’apertura della bocca e la grandezza della luce. Per quanto riguarda le vibrazioni i tubi aperti verificano le seguenti leggi, stabilite per la prima volta da Daniel Bernoulli:
1) Un tubo aperto può rendere una serie di suoni i cui numeri di vibrazione stanno tra loro come la serie naturale dei numeri interi.
2) Il numero N delle vibrazioni è direttamente proporzionale alla velocità di propagazione V del suono nel gas contenuto nel tubo.
3) Il numero delle vibrazioni è inversamente proporzionale alla lunghezza L del tubo.
4) Il suono più grave che un tubo può produrre, il suono fondamentale, ha una lunghezza d’onda che è il doppio della lunghezza del tubo, e quindi la sua frequenza è N = V/ 2>L.
Quando l'estremità aperta del tubo viene chiusa, si deve formare in quel punto sempre un nodo, per cui la lunghezza del tubo è sempre uguale a un numero dispari di quarti di lunghezza d’onda, e la prima legge cambia nella seguente:
1’) Un tubo chiuso può rendere soltanto quelle serie di suoni i cui numeri di vibrazioni stanno tra loro come la serie dei numeri dispari.

È opportuno ricordare che essendo le pareti dei tubi sufficientemente rigide, è solo la colonna d’aria rinchiusa in esse che costituisce il corpo sonoro. Infatti il materiale che costituisce le pareti non ha nessuna influenza sul suono: cambiando materiale si cambia solo il timbro del suono, non la frequenza.
La colonna d’aria contenuta in un tubo, in cui si è eccitata una successione di condensazioni e rarefazioni, può essere suddivisa in sezioni di particelle vibranti all’unisono: a certe distanze fisse si notano sezioni dove non vi sono vibrazioni: i nodi.
Tra due nodi consecutivi vi è sempre una sezione in cui l’aria raggiunge il massimo di vibrazione: il ventre. Nei nodi l’aria non vibra ma subisce variazioni continue di pressione e di densità. Nei ventri l’aria vibra, senza cambiamento di densità o di pressione. Quindi nel ventre la fiamma manometrica brucia con calma e nel nodo la fiamma si spegne.
Si deve tener presente che alla bocca dei tubi non possono esistere differenze di pressione e che quindi vi sarà sempre un ventre. Affermazioni di questo tipo sono però approssimative perché l’estremo aperto di un tubo non è un ventre vero e proprio: esiste una "correzione dell’estremo aperto" che dipende dalla sezione del tubo.
Una correzione ancora più consistente deve essere fatta per la bocca che non è esattamente un ventre: la "correzione alla bocca" è circa due volte la sezione interna per un tubo a sezione quadrangolare.
Non ci soffermiamo sulle fiamme prodotte dalle capsule manometriche, e sull’ uso degli specchi ruotanti, perché ne abbiamo già parlato nella descrizione dell’apparecchio di Schaffgotsk , tuttavia vogliamo anche far notare la disposizione della figura. Quando due tubi sonori che emettono la stessa nota sono a una distanza minore della metà di una lunghezza d’onda, producono meno effetto di un sol tubo, neutralizzandosi parzialmente per il fenomeno della interferenza distruttiva. Se si guarda agli specchi ruotanti si vedono le due serie di fiamme, ma in posizione sfasata. Pur essendo i tubi alimentati dalla stessa corrente d’aria, le vibrazioni sono sfasate, e questo spiega perchè si neutralizzano in parte. Si può vedere più facilmente questo effetto nascondendo la base di una delle due fiamme con uno specchio sul quale si fa riflettere la base dell'altra fiamma in maniera da sembra reuna parte la continuazione dell'altra. Quando si guarda agli specchi ruotanti, mentre i tubi risuonano, si vedono le basi e le punte alternarsi.
Il tubo riprodotto è uno di due tubi uguali tra loro, tranne che nel dispositivo di legno per l’imboccatura del gas, che in uno è disposto a destra e nell’altro a sinistra. I tubi certamente venivano usati insieme per dimostrare l’interferenza.
La nota fondamentale di ogni tubo è il DO3 (256 hz), frequenza che può essere leggermente alterata, spostando un tassello posto all’estremità del tubo, che, scorrendo tra due guide, copre una apertura nella parete (larga 20 mm e lunga 60 mm) da cui può fuoriuscire aria, alterando in pratica la lunghezza del tubo.

Bibliografia
GANOT (1874) pp. 180-188. DAGUIN (1878) t. I , pp. 614-627. JAMIN (1887) t. III, pp. 48-51. VIOLLE (1888) t. II, pp. 119-131. CHWOLSON (1907) t. I, III fasc., pp. 1001-1111. BATTELLI e CARDANI, (s.d. ma 1917), v. II, pp. 133-139. JEANS (1941) pp. 150-168.

 

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Scheda
Firma: RUDOLPH KÖNIG / À PARIS.
Identificazione: n.c.
Provenienza: R.König, Paris.
Materiale: legno.
Dimensioni: [Cassa ] 310 x 118 x 68. [Rebbi del diapason] Spessore 9. Altezza efficace 210.
Datazione: n.c. [ seconda metà del XIX secolo ?].