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Tubi di Geissler
per scarica nei gas rarefatti

Tratto da Roberto Vergara Caffarelli, STRUMENTI SCIENTIFICI TRA XVIII E XIX SECOLO NEL DIPARTIMENTO DI FISICA DELL' UNIVERSITA' DI PISA, in:
C.A. Segnini e R. Vergara Caffarelli, ANTICHI STRUMENTI SCIENTIFICI A PISA (SEC. XVII - XX), pp. 182 - 185, Pisa, 1989.

Descrizione
I tubi di Geissler, di forma svariatissima, sono cannelli di vetro contenenti gas che vi è rinchiuso ermeticamente alla rarefazione voluta, in genere non molto spinta (pochi millimetri di mercurio o meno).
I tubi terminano alle estremità con bolle cilindriche o sferiche dove fili di platino o tungsteno sono saldati attraverso le pareti; ad essi sono uniti gli elettrodi: quello che si porta al potenziale più alto è l'elettrodo positivo o anodo, l'altro è l'elettrodo negativo o catodo. Gli elettrodi di solito sono filiformi o hanno forma di disco, talvolta hanno la forma di un piccolo cerchio.
Trasmettendo le scariche di una macchina d'induzione, per esempio quella di Wimshurst, o le scariche di un rocchetto di Ruhmkorff, il tubo si illumina di luce il cui colore dipende dal gas contenuto. I raggi catodici emessi esercitano una cospicua azione fluorescente sui corpi che ne sono colpiti. Per evidenziare questo fenomeno alcuni tubi contengono sostanze disposte nel fondo o sostenute tra catodo e anodo da apposite protuberanze del vetro. Il vetro di uranio di cui spesso sono fatti gli involucri produce una bella fluorescenza giallo-verdastra. Abbiamo localizzato due bolle d'ingresso concernenti tubi Geissler: la bolla n. 259 del 18 marzo 1903 riporta: "tre apparecchi al disegno (tubetti Geissler) L. 9,00"; nella bolla n. 123 del 27 febbraio 1894 si legge: "due tubi Geissler grandi L. 7.80". Pensiamo di assegnare quindi i tubi ad una di queste date.

Descrizione del tubo a sinistra nella fotografia

Tubo con etichetta originale di carta, con indicazione a stampa della casa costruttrice: "Dr. H. Geissler's nachf./Franz Müller Bonn a Rh."; nell'interno dell'etichetta si legge: "korallen", scritto a penna. Un pezzo di corallo calcinato è infatti trattenuto tra protuberanze di vetro, poco al di sopra del catodo di alluminio, che ha la forma di un cerchietto di approssimatiavamente 25 mm di diametro. Il tubo di vetro ha un diametro di 45 mm, la distanza tra elettrodi è di circa 180 mm. Il tubo, che è sorretto da una base in legno, ha un'altezza di 320 mm.
Per attivare la scarica sia in questo tubo sia negli altri che verranno descritti in seguito è stato utilizzato un rocchetto, che fornisce differenze di potenziale periodiche che possono arrivare ad almeno 30.000 volt di picco; la scarica, che avviene attraverso un condensatore, è fortemente smorzata e perciò può essere considerata praticamente unidirezionale. Si è potuto notare la produzione di fluorescenza sul corallo, di colore violaceo-azzurrognolo o carnicino, a seconda delle parti colpite. Le parti del catodo coperte di polvere di corallo erano anch'esse fosforescenti. Applicando una differenza di potenziale di 30000 Volt in continua abbiamo potuto osservare una luce violetto-rosa sul corallo. Nell' inventario interno destinato a materiale non ufficialmente in carico, al numero 0307 si legge: "tubo per raggi anodici".

Descrizione del tubo al centro nella fotografia

Tubo con etichetta originale di carta, con indicazione a stampa della casa costruttrice: "Dr. H. Geissler's nachf./Franz Müller Bonn a Rh."; nell'interno dell'etichetta si legge: "Marmor", scritto a penna.
L'involucro di vetro ha la forma di un palloncino alquanto schiacciato. Ciascuno dei due elettrodi è ottenuto formando un cerchio con la parte centrale di un filo di alluminio e poi, intrecciato il resto del filo, collegandone l'estremità al filo, generalmente di tungsteno o di platino, che attraversa il vetro nella solita maniera nella parte superiore, ove sono le protuberanze poste a questo scopo.
Il palloncino termina in basso con un piede di vetro fissato ad una base di legno dal diametro di circa 180 mm. Dopo aver applicato l'alta tensione agli elettrodi, si osserva una scarica tra di loro, del tipo di quella che si può ottenere in aria, ma non viene osservata fluorescenza all'interno o sull'abbondante deposito di sottile polvere bianca, che l'etichetta identifica come marmo. Ne deduciamo che non vi è più vuoto sufficiente: gli elettroni emessi dal catodo non acquistano la necessaria energia cinetica, tra una collisione e l'altra, perché manca la rarefazione necessaria ad allungarne il libero cammino medio. Nell'inventario interno destinato a materiale non ufficialmente in carico, al numero 0308 si legge: "tubo per raggi catodici".

Descrizione del tubo a destra nella fotografia

Tubo simile ai precedenti, ma senza etichetta del fabbricante, la cui parte in vetro consiste in un cannello del diametro di 39 mm e lungo circa 370 mm, infisso ad una base di legno per mezzo di un piede, che gli è saldato lateralmente nei pressi di una estremità. Il tubo è diviso a metà da un elettrodo, consistente in un diaframma, forse di alluminio, con alcune serie concentriche di fori. Due piatti circolari dello stesso metallo, di circa 30 mm di diametro sono fissati alle estremità del tubo e lo attraversano nella maniera solita; i piatti distano uno dall'altro 270 mm. Tra il diaframma e la placca inferiore a una distanza di 75 mm dal diaframma vi è un elettrodo filiforme, tutto contenuto in una lunga protuberanza cilindrica.
Questo apparecchio è destinato ad evidenziare l'esistenza di una radiazione diretta al catodo (afflusso catodico): i cosiddetti raggi canale, scoperti dal Goldstein nel 1886, prodotti dalla ionizzazione delle molecole di gas e quindi di carica positiva.
Si ha una scarica in un gas, cioè il passaggio di una quantità notevole di elettricità tra gli elettrodi, quando esistono in esso particelle cariche: elettroni e ioni positivi, cioè atomi o molecole che hanno perduto uno o più elettroni, prodotti inizialmente dalla radiazione cosmica, da sostanze radioattive contenute nelle pareti di vetro o dalla luce. Gli ioni negativi, prodotti ogni qual volta un elettrone si lega a un atomo neutro, sono più rari. Le particelle cariche presenti nel tubo sono sufficienti ad innescare la scarica in presenza di un campo elettrico: gli elettroni primari accelerati dal campo hanno molteplici collisioni anelastiche con le molecole del gas, producendo nuovi ioni ed elettroni che sono indirizzati agli elettrodi di polarità opposta. La corrente elettronica cresce esponenzialmente con la distanza tra gli elettrodi perché così cresce il numero di collisioni ionizzanti. Gli ioni positivi per la loro grande massa e bassa velocità non possono ionizzare altre molecole, tuttavia colpendo il catodo (insieme ai fotoni e alle particelle neutre che eventualmente vi arrivano) costituiscono uno dei meccanismi di emissione di elettroni.
Il numero di ionizzazioni prodotte da un elettrone dipende dal campo elettrico, che in assenza di carica spaziale vale V/d ove V è la differenza di potenziale e d è la distanza tra gli elettrodi. Questo campo è alterato dall'esistenza di una carica spaziale (positiva vicino al catodo e negativa vicino all'anodo), che genera anche una componente radiale del campo elettrico. Un altro processo di ionizzazione è quello provocato dai fotoni prodotti nella collisione di elettroni con molecole. In genere si usano elettrodi piatti sufficentemente larghi; se invece gli elettrodi hanno forme differenti, per esempio se uno dei due è filiforme, allora vi sono notevoli differenze nella scarica, dipendendo dalla polarità applicata, se l'elettrodo filiforme è catodo o anodo.
Utilizzando come generatore di alte tensioni una bobina del tipo Ruhmkorff sono state fatte alcune prove: collegando alla fonte l'elettrodo inferiore a forma di disco come anodo, e l'elettrodo filiforme come catodo, si osserva una diffusa luminescenza verdastra, accentuata nelle vicinanze del catodo, che può essere interpretata come l'effetto della collisione degli elettroni con le pareti del tubo. Non si osserva la luminosità dovuta alla ionizzazione del gas.
Gli ioni sono attirati verso il catodo: alcuni di essi eventualemente proseguono in direzione della grata, la sorpassano e si dirigono verso il disco superiore. È perciò possibile osservare con un galvanometro una corrente, tra grata e elettrodo superiore. Abbiamo anche applicato una differenza di potenziale di 400 Volt tra grata e elettrodo superiore, osservando che questa corrente non viene alterata, purché la placca a cui arrivano gli ioni sia a potenziale minore rispetto alla grata. Se invece si invertono i collegamenti, gli ioni vengono respinti e si ha una caduta di corrente notevole, risultato che è in linea con il segno positivo attribuito alla carica degli ioni. Si può usare la grata invece del disco come anodo, senza notevoli differenze nella luminescenza. Quando invece si usa la placca come catodo e l'elettrodo filiforme come anodo, si nota una luminescenza verdastra solo nelle pareti vicino al filo. Anche in questo caso tuttavia una parte degli ioni arriva alla grata e continua verso la placca superiore, dando luogo a una corrente minore di quella osservata nelle situazioni precedenti.
Successivamente abbiamo utilizzato una fonte continua di alta tensione: questa volta abbiamo osservato una bella ionizzazione azzurro-violetta (dovuta ad azoto dell'aria che certamente è entrata nel tubo?).
Quando il filo è il catodo e la placca inferiore l'anodo, la scarica luminosa inizia a 15000 Volt; se invece si invertono le polarità, la luminosità inizia a 12000 Volt. Nei due casi si osserva una intensa corrente positiva tra grata e elettrodo superiore, già evidente prima di raggiungere la tensione ionizzante.
Si ha un notevole miglioramento se si utilizza la grata come elettrodo, invece della placca inferiore: se il catodo è il filamento e l'anodo è la grata la luminosità è percepita verso i 3000 o 4000 Volt mentre se la grata è il catodo e il filamento è l'anodo la luminosità inizia a 2000 Volt. La ragione di questo miglioramento può essere dovuta alle dimensioni maggiori della grata rispetto al piatto ma ancor più al fatto che gli elettroni nel secondo esperimento attraversano una distanza maggiore; come abbiamo già detto, la corrente aumenta esponenzialmente con la separazione degli elettrodi, e nel tubo esaminato la separazione tra filamento e placca inferiore è di 60 mm, mentre tra filamento e grata è di 75 mm. Nella seconda esperienza gli elettroni hanno un minore potere ionizzante, tuttavia si ha un numero maggiore di collisioni ed è per questo che si vede la ionizzazione a un potenziale più basso. Tutto ciò induce a pensare che in questo tubo il vuoto è ancora buono, dell'ordine dei millimetri di Hg. Quanto alla spiegazione del differente comportamento degli elettrodi, dipendente dalla loro forma, osserviamo che quando la punta è positiva (anodo), vicino ad essa si ha un'intensa ionizzazione che attrae e rimuove gli elettroni mentre gli ioni positivi si avviano lentamente verso il catodo, quindi la nuvola di ioni positivi è come un prolungamento dell'anodo e il campo è rafforzato. Se invece il filamento è negativo (catodo), allora la carica spaziale di fronte ad esso riduce il campo all'anodo e occorre aumentare la tensione.
La scarica luminosa si ha anche quando la tensione è tra grata e placca superiore, ed inizia verso i 2000 Volt. In questa configurazione abbiamo osservato iniziare una luminescenza verde attribuibile all'urto degli elettroni contro il vetro, quando la tensione era intorno ai 18000 Volt.
A differenza di altri strumenti abbiamo dato una dettagliata esposizione sia dei tubi sia di alcune prove eseguite perché riteniano che, a differenza degli altri strumenti, i tubi contenenti gas rarefatti costruiti quasi un secolo fa possono essere oggetto di ricerche sulla diffusione attraverso il vetro dei gas in funzione del tempo.
Nell' inventario interno destinato a materiale non ufficialmente in carico, al numero 0307 si legge: "tubo per raggi canale".

Cenno storico

Johann Heinrich Geissler (Igelshieb, 1814 - Bonn, 1876) apprese l'arte di soffiare il vetro assai giovane. Riuscì a perfezionare la sua istruzione in molte università tedesche e in Olanda.
Nel 1854 si portò a Bonn per lavorare sotto la direzione di J. Plücker, che per primo si occupò della conduzione nei gas, e qui fondò una fabbrica di apparecchi di fisica e di chimica, che acquistò gran rinomanza. La sua opera più notevole fu la scoperta dei tubi che portano il suo nome e che egli cominciò a costruire fin dal 1857. La difficoltà di ottenere un buon vuoto con le pompe a pistone allora in uso lo spinse fin dal 1855 a costruire una pompa a mercurio. L'università di Bonn gli diede nel 1868 il titolo di dottore onorario. Più tardi si associò a Franz Müller, che gli succedette nella proprietà della fabbrica. La tecnologia dei tubi di Geissler diede origine a un nuovo filone di ricerca, che portò alla scoperta dei raggi catodici. A. A. de la Rue, W. Crookes, F. Braun e J. W. Hittorf e il nostro A.Righi, tra gli altri, studiarono le scariche variando i gas e la loro rarefazione, notando gli effetti luminosi, le striscie, gli spazi scuri, gli effetti di fosforescenza, le traiettorie rettilinee delle particelle emesse e gli effetti meccanici sui corpi che ne venivano colpiti, la carica negativa evidenziata dall'azione di una calamita, gli effetti termici sui bersagli e sulle pareti, ecc. ecc. Gli apparecchi presentati in questa scheda sono stati fabbricati da Franz Müller.

Bibliografia
GORDON (1881), t. II, pp. 139-141, 160-170 e 236-301. DUMONT (1889) pp. 348 e 513-515. ROITI (1904) , v. II, pp. 148-155. AMADUZZI (1907) pp. 1-50. GRAETZ, ROSSI (1925), pp. 49-76. VON ENGEL (1955), cap. 7-8.

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Scheda del tubo a sinistra nella fotografia Δ
Firma:[etichetta di carta] Dr. H. Geissler's nachf. / Franz Müller Bonn a Rh.
Identificazione: [etichetta metallica] 0307.
Provenienza: Acquistato.
Prezzo: Lire ?.
Materiale: Vetro, legno, corallo calcinato, alluminio.
Dimensioni: altezza 320, diametro base 92.
Datazione: Tra il 1894 e il 1903.
Scheda del tubo al centro nella fotografia Δ
Firma: [etichetta di carta] Dr. H. Geissler's nachf. / Franz Müller Bonn a Rh
Identificazione: [etichetta metallica ed etichetta di carta] 0308.
[Altra etichetta di carta] 2126.
Provenienza: Acquistato.
Prezzo: Lire ?.
Materiale: Vetro, legno, marmo, alluminio.
Dimensioni: 180 x 65 x 180.
Datazione: Tra il 1894 e il 1903.
Scheda del tubo a destra nella fotografia Δ
Firma:Nessuna.
Identificazione: [etichetta metallica] 0301.
Provenienza: Acquistato.
Prezzo: Lire ?.
Materiale: Vetro, legno, alluminio.
Dimensioni: altezza 460, diametro base 123.
Datazione: Tra il 1894 e il 1903.