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Apparecchio di Biot

Per la polarizzazione per riflessione
Tratto da Roberto Vergara Caffarelli, STRUMENTI SCIENTIFICI TRA XVIII E XIX SECOLO NEL DIPARTIMENTO DI FISICA DELL' UNIVERSITA' DI PISA, in:
C.A. Segnini e R. Vergara Caffarelli, ANTICHI STRUMENTI SCIENTIFICI A PISA (SEC. XVII - XX), pp. 140 - 141, Pisa, 1989.

Descrizione
Viene usato per dimostrare le proprietà di polarizzazione della luce. Può anche essere usato per studiare la polarizzazione cromatica, introducendo una lama birifrangente in un apposito supporto anulare. La polarizzazione per rifrazione può essere vista ponendo un prisma di vetro al posto di uno dei due specchi.

Quando un fascio di luce incide sulla superficie pulita di una sostanza non metallica e non cristallizzata, come il vetro, il marmo, il legno verniciato, l'ossidiana ecc. il raggio riflesso è polarizzato nel piano di incidenza.
Nell'apparecchio di Biot ciascuno dei due riquadri di ottone m e p, posti agli estremi di un tubo AB annerito internamente, contiene uno specchio di vetro nero, o annerito alla superficie posteriore perché la riflessione avvenga solo sopra la faccia anteriore. Gli specchi possono prendere tutte le inclinazioni possibili rispetto del tubo. Essi sono infatti imperniati sopra due bracci paralleli all'asse del tubo, fissati a loro volta ad una ghiera metallica, che entra ad attrito nel tubo stesso: con questa disposizione ogni specchio può essere inclinato rispetto all'asse del tubo e poi ruotato, intorno ad esso, conservando l'inclinazione prescelta.
Lo specchio viene fissato mediante una vite a pressione nella inclinazione desiderata, che può essere misurata sopra un quadrante, graduato in 90 divisioni (numerate ogni dieci). Le rotazioni della ghiera sono misurate sopra un circolo con 36 divisioni numerate, che identificano intervalli successivi di dieci gradi.

Illustrazione Quando si vuole studiare la polarizzazione cromatica si introduce una lamina trasparente birifrangente in n, che è un apposito anello.
Lo specchietto m, che riflette polarizzando la luce di una fonte luminosa, vien detto polarizzatore; lo specchietto pche permette di rivelare la polarizzazione vien detto analizzatore. La luce riflessa da m e da p viene infine ricevuta su uno schermo di vetro smerigliato e, ove si osserverà il massimo dell'illuminazione quando il piano di riflessione in m coincide con quello in p, mentre si avrà un minimo quando essi sono perpendicolari.
L'illuminazione poi dipende dall'inclinazione degli specchi: sarà minima quando l'angolo di incidenza su m è di 35° 25'. Il suo complementare viene chiamato angolo di polarizzazione. Fissato questo angolo di incidenza in m, l'illuminazione dipenderà dall'inclinazione del secondo specchietto: il minimo assoluto si avrà quando anche per il secondo specchietto l'inclinazione vale 35° 25'. Biot utilizzava la luce di un cielo nuvoloso (limitando il campo con alcuni diaframmi), o quella di una candela, avendo cura di intercettare ogni raggio spurio, proveniente da altri oggetti.

Cenno storico
Si deve a Malus (1808) la scoperta della polarizzazione della luce, fenomeno che egli cercò di spiegare nell'ambito della teoria corpuscolare, introducendo peculiari proprietà delle particelle luminose, su cui le particelle del mezzo ottico agirebbero: quando attraversano un cristallo e interagiscono con i suoi atomi, alle volte, le particelle luminose si dispongono parallelamente le une alle altre. In questi casi si può assimilare tale azione a quella per cui un magnete fa girare in una comune direzione poli di un insieme di aghi magnetici.
Pensando in questo modo, che abbiamo cercato di sintetizzare al massimo, Malus diede il nome di polarizzazione al fenomeno da lui scoperto abbastanza casualmente. Biot intuì l'importanza di questi nuovi fenomeni e ne studiò le proprietà, costruendo anche alcuni strumenti tra cui il polarimetro che abbiamo descritto in questa scheda.

Bibliografia
BIOT (1824) t.II, pp. 474-504. GERBI (1825) t.V, pp. 180-183.MATTEUCCI (1842), t.III, pp. 320-339. DAGUIN (1879), t.IV, pp.562-564, pp. 583-584, p. 594, p. 619. BATTELLI e CARDANI, t.II, pp. 654-656.

 

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Scheda Δ
Firma: Nessuna.
Identificazione: [inciso sulla base] 460. [Etichetta Metallica] 130. [Stampigliato] 130.
Provenienza: Acquistato.
Prezzo: Lire 80.
Materiale: Ottone, vetro.
Dimensioni: [piede] Ø 125, altezza 315. [Parte tubolare] 470.
Datazione: è presente nell'inventario del 1880.